INTRODUZIONE
Quando entriamo in un negozio di alimentari, ci
possiamo chiedere da dove arrivi il cibo esposto negli scaffali. Oggi è
facile comprare pesce proveniente dall'Alaska o pescato nel Pacifico, frutta
prodotta in Africa e Messico o carne argentina. Ma prima che bastimenti, camion
e aerei collegassero tra loro le varie parti del mondo, le merci riuscivano
comunque ad arrivare da un posto all’altro attraverso lunghi e difficili
spostamenti all’interno di reti commerciali.
La rete
commerciale più famosa della storia antica è stata la
cosiddetta Via della seta, in realtà non un’unica via,
bensì una serie di percorsi che collegavano venditori e acquirenti tra i Paesi
dell'Europa e la Cina. Ma vi furono complessi sistemi di strade anche
attraverso l’antico Impero Romano, il Deserto del Sahara e la regione tra gli
Stati Uniti e il Messico. Infine anche attraverso le acque si creò la fitta
rete commerciale dei popoli Polinesiani nel Pacifico.
4.1
RETE
STRADALE DELL’IMPERO ROMANO
4.1.1 La viabilità più
sviluppata del mondo antico
L’Impero Romano riuscì a
mantenere il suo dominio per diversi secoli anche per la vasta ed efficiente
rete stradale sviluppata a partire dall’epoca preimperiale. Le lunghe strade,
quasi sempre dritte per minimizzare le distanze, tecnicamente ben costruite e
organizzate per l’assistenza ai viaggiatori, consentirono, insieme ai numerosi
ponti, di mettere in collegamento la capitale con le più lontane province
dell'impero.
La rete stradale servì
per i traffici commerciali, gli spostamenti rapidi degli eserciti e il contatto
tra le diverse civiltà dell’antichità. Copriva tutti i territori dell’impero,
non solo quindi l’Italia, l’Europa centro-occidentale e la Penisola Iberica, ma
anche i Balcani, tutta la costa del Nord-Africa, la Turchia e il Medio Oriente,
attraversando territori spesso impervi come passi montuosi e aree desertiche.
Vi erano numerosi punti
di sosta con stallieri e veterinari a disposizione per i cavalli e un rapido
servizio postale effettuato con piccoli carri a due ruote e locande private con
funzione di ostello per i viaggiatori, dove poter mangiare e dormire.
4.1.2 Dopo la caduta
dell’Impero Romano d’Occidente
Con la fine del potere di
Roma sui territori dell’Impero, anche le vie di comunicazione subirono
trasformazioni. Molte tra le principali strade rimasero attive e venne
continuato l’uso dei tracciati antichi. In alcuni casi, con le variazioni del
paesaggio, come la formazione di aree palustri sopraggiunte in seguito allo
spopolamento, il tracciato divenne discontinuo. Vennero creati percorsi
alternativi, ad esempio per collegare pianure e alture, e riadattati i ponti
distrutti, dove era necessario, direttamente da chi aveva interesse nella zona,
come i signori feudali. Nel caso di scomparsa di città romane, come avvenne
spesso nel Sud Italia, le vie furono abbandonate.
Acquisirono molta
importanza strade percorse soprattutto dai pellegrini che volevano recarsi nei
luoghi sacri della cristianità come Roma, Santiago de Compostela in Spagna e
fino in Terrasanta, passando per la Puglia. Vennero chiamate vie romee, di cui la più importante era
la Via Francigena che collegava il nord della Francia con il Sud dell’Italia.
4.2 LA VIA DELLA SETA
4.2.1 Alla ricerca di un materiale prezioso
Il nome per indicare questo famoso insieme di strade,
ampiamente utilizzate per più di 1500 anni, tra il 130 a.C. e il 1450, lo
dobbiamo al geografo tedesco Ferdinand von Richthofen che così la denominò per
la prima volta nel 1877, nell’introduzione al suo volume Diari dalla Cina.
I numerosi percorsi che costituivano la Via della seta
attraversavano montagne, deserti, fiumi e mari per il trasporto di diverse
merci, tra cui, naturalmente la seta, tessuto leggero e confortevole che nei
secoli aveva rappresentato un ideale per l'abbigliamento, in particolare per
gli europei. Ma il problema era che la seta era filata da insetti chiamati
bachi, i quali si nutrivano unicamente di un particolare tipo di foglia di
gelso cinese. La seta, quindi, poteva essere reperita soltanto in Cina.
Agli inizi, intorno al II e al III secolo a.C., la
seta viaggiava dalla Cina, insieme ad altre merci di valore con una
periodicità regolare ed aveva come destinazione finale soprattutto Roma.
4.2.2 Non solo seta
Contemporaneamente altre tipologie di merci cominciarono
ad essere esportate in senso opposto verso l’Asia e, insieme a questi beni
materiali, attraverso la Via della seta, cominciarono presto a muoversi sia in
un senso che nell’altro, idee legate alla cultura religiosa (nel tempo anche
Buddismo, Islam, Cristianesimo furono coinvolte), alla matematica e
all’astronomia dando vita a meccanismi di scambio che furono determinanti per
lo sviluppo delle civiltà interessate. Ma questo fu anche il percorso che diede
la possibilità alla terribile peste nera di arrivare in Europa nella metà del
1300.
Nel VI secolo monaci
provenienti dalla Cina si recarono a Costantinopoli, durante il dominio di
Giustiniano e svelarono il segreto della produzione
della seta. Nell'Impero romano d'Oriente si iniziò, quindi, a
produrre seta in città come Costantinopoli e Beirut e a commerciarla.
La rete commerciale comprendeva vie marittime che si
estendevano dalla Cina settentrionale verso sud, attraversavano la linea
costiera del Sud-Est Asiatico, proseguendo verso India, Iran ed Egitto; vie
fluviali che usufruivano dei percorsi dei fiumi Oxus e Iassarte e vie
terrestri. Queste si estendevano per circa 8000 chilometri, passando per decine
e decine di città, come la famosa Samarcanda. Alcuni tratti della Via
della Seta si svilupparono a sud, in India, territorio molto ricco di
spezie. Questo tipo di commercio fu molto fruttuoso poiché, a quel tempo,
in Europa le spezie come il pepe, la cannella e la noce moscata, molto utili
per condire il cibo e come farmaci, erano rarissime.
4.2.3 Una rete di strade fondamentale per gli scambi
Altri beni commerciali che venivano importati in
Europa sulla Via della Seta includevano oro, giada (un tipo di pietra preziosa
verde), tè, schiavi e avorio. Nella direzione opposta, dato che la Cina
non aveva pecore e uva, arrivavano vino e lana europei, ma anche vetro, fichi e
noci.
Poiché entrambe le parti del continente eurasiatico
avevano prodotti specifici non reperibili altrove, la Via della Seta permise a
molti commercianti di diventare ricchi. Una delle città che ha
maggiormente beneficiato di questo commercio è stata Venezia. I veneziani
erano riusciti ad avere il monopolio su alcune merci, rivendendoli in tal modo
agli altri europei a qualunque prezzo desiderassero.
Dopo un periodo di
declino queste strade ritornarono ad essere un’importante rete di connessione
tra l’Europa e il continente asiatico. Ciò accadde quando l’Impero Mongolo si
espanse attraverso tutta l’Asia interna, creando condizioni di relativa
sicurezza dovute alla pace portata dal dominio degli eserciti mongoli e per
questo chiamata pax mongolica. La seta si produceva anche in Europa, ma in
quel momento furono i viaggiatori a muoversi desiderosi di commerciare e di avere
rapporti politici con l'Oriente. Quando il loro impero si dissolse, la Via
della Seta perse tutta la sua importanza economica, storica e geografica e
ricomparve il pericolo di taglieggiamenti, sequestri e schiavizzazione.
4.3 ROTTE COMMERCIALI TRANSAHARIANE
4.3.2 Una rete che connette Africa, Medio Oriente e Mediterraneo
Queste vie si erano già in parte sviluppate durante l’epoca imperiale
romana grazie all’importazione di felini ed altri animali selvatici usati
durante gli spettacoli circensi. Questi animali venivano presi in larga parte
da riserve di caccia nel nord dell’Africa, ma anche da territori oltre il
deserto, tramite mercanti nordafricani che erano in contatto con i re tribali
sub-sahariani.
Grazie alla disponibilità e la tecnica di utilizzo dei dromedari (che molto
probabilmente era arrivato dalla penisola arabica attraverso la Somalia), le
popolazioni berbere, che vivevano nell’Africa nord-occidentale, intorno al V secolo,
iniziarono ad attraversare il deserto del Sahara, verso sud. Dall'ottavo
secolo in poi, le carovane commerciali annuali seguivano rotte descritte in
seguito, con dovizia di particolari, dai viaggiatori arabi.
Da alcuni disegni di mappe geografiche ritrovati su rocce del deserto, vi
erano due probabili vie lungo l’ansa settentrionale del fiume Niger il quale
portava, durante tutto l’anno, acqua dentro la steppa semiarida e rendeva
possibile anche il trasporto fluviale sia a monte, verso il Mali, che a valle,
verso la Nigeria. Nel deserto poi vi era una via che portava a nord-ovest,
verso il Marocco ed un’altra che portava a nord-est, verso la Tunisia.
4.3.2 Le vie dell’oro
L'oro presente nel Sudan occidentale e centrale, era la principale merce su
cui si basava il commercio transahariano. Il traffico di oro veniva stimolato
dalla domanda e dalla fornitura di monete, oggetto che gradualmente si stava
diffondendo. Queste strade arrivarono alla loro massima ascesa dal VII
all’XI secolo, periodo in cui il commercio transahariano collegava le economie
mediterranee con quelle sub-sahariane che importavano, invece, sale.
Quando, nei secoli successivi i berberi si convertirono all’Islam, la
domanda d’oro per gli stati del Nord Africa spinse l’attenzione su territori
come Mali e Ghana. Quest’ultimo era sede di un antico impero nel cui territorio
si trovavano le miniere di Bambuk e nella cui capitale Kumbi Saleh, il geografo Al-Bakri (Huelva, 1014 –
Cordova, 1094) aveva visto
berretti ricamati d'oro, selle dorate, scudi e spade cesellate d'oro e,
addirittura collari di cani dello stesso materiale. Il Mali, invece, il cui
impero subentrò a quello del Ghana dopo la sua decadenza nell’XI secolo, fece
meno proseliti riguardo all’islamizzazione. Di conseguenza, anche il traffico
dell’oro diminuì. Soltanto con il sovrano Mansa Musa, l’uomo più ricco del
millennio,[1] ci fu
la conversione ufficiale all’Islam: il memorabile viaggio del 1324-25 lo vide
recarsi alla Mecca con migliaia di uomini, schiavi e tonnellate di oro, molte
delle quali distribuite nelle diverse tappe dal Cairo a Medina. Fu proprio
questo viaggio che diede notorietà all’Impero del Mali poiché, da allora,
cominciò ad apparire sulle carte geografiche sia del mono arabo che di quello
europeo.
Queste vie cominciarono a perdere importanza, seppur rimanendo
un’alternativa, quando i Portoghesi iniziarono ad aprire nuove rotte attraverso
l’Atlantico.
4.4 STRADE
TURCHESI
4.4.1 Una pietra per uso estetico e rituale
Una rete commerciale meno conosciuta, ma ugualmente importante, che
metteva in contatto vari popoli dall'America centrale a quello che oggi è il
New Mexico è costituita dalle cosiddette Strade Turchesi. Il
nome è riferito al fatto che questa pietra, il turchese, era molto apprezzata
dai popoli mesoamericani (Toltechi ed Aztechi) per la sua bellezza ed il suo
significato rituale. Ma c’era un problema: i maggiori giacimenti di turchese si
trovavano molto più a nord, nelle terre abitate dal popolo degli Anasazi. La
domanda di turchese era dunque forte e alcuni studi suggeriscono
che relazioni commerciali complesse si svilupparono in quest'area già intorno
al 700.
Gli Anasazi dedicarono energie significative al settore minerario
del turchese poiché per loro era diventato proficuo, mentre in cambio le genti
del Centro America è possibile che abbiano portato uccelli e piume esotiche,
nonché beni agricoli.
Queste rotte commerciali diventarono sempre più importanti nel
tempo tanto da sopravvivere anche a trasformazioni politiche e sociali. Le merci, naturalmente, non erano le uniche cose che
viaggiavano lungo le Strade Turchesi, così come accadde per le altre grandi vie
di comunicazione del mondo. Si hanno prove della diffusione del culto
mesoamericano di Quetzalcoatl verso nord, così come di cerimonie, tradizioni e
stili architettonici. Anche malattie come il vaiolo vennero diffuse tra le
Americhe attraverso queste strade.
La rete commerciale delle Strade Turchesi iniziò il suo declino
dopo l’avvento dei popoli europei.
4.5
VIE
COMMERCIALI POLINESIANE
4.5.1 Navigando
dall’Oceania all’America meridionale
Gli arcipelaghi
dell’Oceania, così come le Americhe, fino alla fine del Medioevo non erano
stati coinvolti all’interno delle reti commerciali intercontinentali che si
erano prodotte tra Europa, Asia e Africa. L’area compresa nel grande triangolo
tra le Hawaii a nord, la Nuova Zelanda a sud e l’Isola di Pasqua a est fu con
molta probabilità l’ultima del pianeta, in ordine di tempo, ad essere occupata
dagli esseri umani. Le comunità che qui si crearono, per la posizione
geografica e per la specificità dell’ambiente, sperimentarono nuovi problemi e
ricercarono soluzioni originali.
Le loro attività erano
basate principalmente sulla pesca e sui commerci che poterono praticare grazie
all’esperta conoscenza dell’oceano, conoscenza che nessun occidentale avrebbe
mai potuto immaginare in assenza di tutti gli strumenti di navigazione diffusi
in Europa. Nel Settecento l’esploratore britannico James Cook, per orientarsi
in uno spazio così vasto e sconosciuto, si avvalse di un navigatore di Tahiti,
chiamato Tupaia, il quale fu in grado di tracciargli una mappa precisa delle
isole polinesiane nel raggio di 3200 km dalla propria terra, gliene individuò
circa 130, da egli stesso conosciute, e di più della metà ne indicò il nome.
I polinesiani si
dimostrarono navigatori molto abili ed audaci in grado di gestire, pur senza le
tecnologie cinesi, arabe ed europee uno spazio così grande molto prima che
spagnoli e inglesi vi giungessero con le loro navi. Il loro sapere
esperienziale si basava su un’approfondita conoscenza del volo degli uccelli,
dei venti, delle maree e delle stelle. Molte di queste informazioni venivano
riportate sulle stick chart, mappe
realizzate con legnetti e conchiglie.
[1] http://www.lastampa.it/2012/10/16/societa/ecco-la-lista-dei-piu-ricchi-della-storia-il-primo-e-un-maliano-gheddafi-ottavo-hygDrqlYgtqTSLiX0n5QeJ/pagina.html