Fondando
colonie e città, le potenze europee riuscirono a mettere le mani su numerosi
territori al di là dell’Oceano Atlantico, ma anche a creare avamposti
commerciali in Asia e Africa. In questi continenti, tuttavia resistettero
ancora per secoli grossi sistemi politici, saldamente sviluppati anche come
economie. Tra questi l’Impero Cinese e quello Giapponese fino alla fine
dell’Ottocento decisero di rimanere legati alle proprie tradizioni, chiusi alle
influenze occidentali e per questo non entrarono nel gioco dei conflitti e
della conquista di nuove terre. Mentre una nuova potenza si affermava proprio
in questo periodo tra Europa e Asia, la Russia, connettendosi ad entrambi i
mondi culturali, i nuovi imperi islamici (Ottomani, Safàvidi e Moghul) rimpiazzavano
gli antichi Bizantini, Arabi e Mongoli, riuscendo a consolidare la tradizione e
la cultura musulmana dal Mediterraneo fino all’Oceano Indiano.
Infine,
alcuni regni africani come Songhai, Ife, Benin e Congo continuarono a basare la
propria forza sul commercio dell’oro e degli schiavi, quest’ultimo soprattutto
con l’Europa che ne aveva bisogno nelle Americhe.
6.1 LE DINASTIE
MING E QING IN CINA
6.1.1
I Ming creano uno stato potente e controllato
Prima
dei Ming la Cina fu governata da una dinastia di origine mongola, gli Yuan. Marco Polo, nel suo
viaggio in Cina, fu ospite presso la corte di Qubilai Khan, un imperatore Yuan, nipote di Gengis
Khan. Nel 1368,
però, quando ormai il vastissimo impero mongolo si era diviso, i Cinesi
ripresero il potere sulle loro terre ed ebbe inizio la Dinastia Ming. Il potere
fu concentrato a Pechino
dove, agli inizi del 1400, venne costruita l’imponente Città Proibita, residenza dell’imperatore e
della sua enorme corte.
In
questo periodo il confucianesimo continuò ad essere alla base del sistema
sociale cinese. Gli insegnamenti più profondi su figli e nipoti erano quelli
del rispetto e dell’obbedienza verso gli anziani e verso i superiori, così come
delle mogli verso i mariti. Il governo educava il popolo a credere nella patria
e a non creare disarmonie; era anche vietato per i sudditi allontanarsi dalla
propria casa per più di 12 km. In questo modo l’autorità del governo e il
controllo sul popolo si rafforzavano.
6.1.2
La baojia, un sistema per controllare
le comunità nei villaggi
Considerato
che l’impero era molto esteso e praticamente impossibile da vigilare in modo
diretto, controlli molto severi erano imposti anche dal sistema della baojia, ossia le unioni di vicinato. Con
questo sistema le famiglie che vivevano vicine venivano divise in gruppi di 10
o 100 con un anziano nominato come capo. In questi gruppi vigeva l’importante
principio della responsabilità reciproca, ognuno cioè doveva essere responsabile
della salute degli altri. In tal modo si controllavano i comportamenti e si
facevano riscuotere le tasse.
Altre
leggi per il controllo sociale furono emanate contro il lusso per il popolo.
Queste proibizioni servivano a rinforzare le differenze sociali, mantenendo ben
divisi i classici «quattro ceti»: eruditi, contadini, artigiani e mercanti. I
Ming sapevano bene che se si fosse rotta la gerarchia sociale sarebbe stato in
pericolo lo Stato stesso.
6.1.3
Sviluppi commerciali e culturali
I
Ming, però, riuscirono anche a sviluppare uno stato efficiente e progredito dal
punto di vista economico e culturale, da molti ritenuto il più potente a
livello mondiale se messo in confronto con gli altri regni e imperi dell’epoca.
Ciò fu possibile attraverso
· costruzione
di opere pubbliche come dighe, canali e ponti
· estensione
dell’uso della stampa e conseguente aumento dell’alfabetizzazione
· crescita
della produzione alimentare (al riso si aggiunsero prodotti importati dalle
Americhe come piselli, patate, mais)
· coltivazioni
commerciali, come il cotone, lungo il delta del Fiume Azzurro
· produzione
di porcellana pregiata esportata in gran parte del globo
Vennero
inoltre compiute numerose e costose esplorazioni con quella che era considerata
la flotta più grande del mondo. Centinaia di giunche – imponenti navi con vele
munite di stecche orizzontali per adattarsi a ogni tipo di vento e la parte
immersa dello scafo piatta – furono capitanate dall’ammiraglio imperiale Zheng
He per esplorare ogni parte dell’Oceano Indiano, fino alle coste dell’Arabia e
dell’Africa orientale. Non ci furono nuove scoperte, né Zheng He scelse di
esplorare l’ignoto dirigendosi a est, verso il Pacifico. Terminate queste
esplorazioni la Cina scelse di chiudersi agli occidentali, cercando di
preservare in questo modo la propria cultura. Solo il porto portoghese di Macao
rimase libero. Qui, nel 1582, arrivò dall’Italia il gesuita matematico e
geografo Matteo Ricci che riuscì infine a lavorare alla corte dell’imperatore e
a diventare il suo cartografo personale.
6.1.4
I Qing, gli ultimi imperatori di Cina
A
causa di una durissima carestia, una serie di rivolte contadine sconvolsero la
Cina durante il XVII secolo. Furono saccheggiati depositi alimentari e
trucidati molti ricchi proprietari terrieri. Le rivolte avevano l’obiettivo di
redistribuire le terre con criteri più giusti. La Dinastia Ming ne uscì
fortemente provata fino al punto di tracollare sotto l’offensiva delle truppe
nomadi provenienti dalla Manciuria. Salì così al potere una nuova dinastia
chiamata Qing o Manciù, per la sua provenienza. I Qing saranno l’ultima
dinastia imperiale a governare sulla Cina, fino al 1912 quando nacque la
Repubblica cinese.
Pechino
fu conquistata nel 1644 e i Ming furono scacciati. La residenza imperiale
rimase sempre nella Città Proibita, mentre l’estensione dell’Impero Celeste
raggiunse il suo massimo proprio con i Qing nel 1790 (15 milioni di kmq, il
quinto impero più vasto della storia). Sotto questo impero furono unificati
molti popoli e regioni, ma i Qing divisero sempre questa massa di persone in
Manciù, Cinesi e Mongoli. Le diverse etnie non potevano contrarre matrimonio
tra loro e, in alcune città, come Pechino, erano addirittura divise da mura in
specifici quartieri.
6.1.5
Una dinastia che punta sulle risorse interne
Dal
punto di vista economico, come sotto la Dinastia Ming, venne proseguito
l’intento di sfruttare le risorse naturali interne e i vasti terreni agricoli,
senza quindi scendere in competizione con l’Europa. Le importazioni dall’estero
erano quasi completamente precluse, ma l’impatto commerciale era comunque molto
forte, grazie a mercanti e artigiani che si muovevano per lavoro attraverso
l’esteso impero. In agricoltura aumentarono le esportazioni di tè, cotone e
porcellana, mentre per ridurre il malcontento nelle campagne i Qing iniziarono
l’abbattimento del sistema di servitù dei contadini.
A
livello culturale si diffuse ulteriormente la stampa, le pubblicazioni
aumentarono come mai prima di allora e anche le classi sociali più basse
iniziarono a leggere libri. L’imperatore Kangxi (1661-1722) fece compilare il
più grande dizionario della lingua cinese, che prese il suo nome. Suo nipote,
l’imperatore Qianlong creò mecenatismo, benessere e prosperità, oltre a una
corte fastosa che aveva molti punti in comune con quella francese di Luigi XIV.
6.1.6
Il declino dei Qing: la Guerra dell’oppio e la Rivolta del Taiping
Il
potente Impero Qing iniziò a entrare in crisi dalla seconda metà del Settecento.
Uno dei principali segnali del suo disfacimento è da rintracciare nell’utilizzo
smodato di oppio – seppur vietato – da milioni di sudditi, tanto da creare
negli anni una vera piaga sociale. I maggiori quantitativi della potente droga provenivano
dalla colonia inglese del Bengala, dove la produzione era in mano alla
Compagnia delle indie Orientali. Quando nel 1839 il governo Qing fece bruciare
un enorme quantitativo di oppio proibendo ogni commercio con la Gran Bretagna,
ne scaturì una guerra che gli inglesi, per la superiorità militare e navale,
vinsero in poco tempo. La Cina fu costretta ad aprire porti al commercio
internazionale e a cedere l’isola di Hong Kong all’Impero Britannico.
In
seguito alle ingerenze occidentali la Dinastia Qing appariva fortemente
indebolita, ma un evento ancora più vasto e con conseguenze molto pesanti
giunse nello stesso periodo, quando violente ribellioni contadine contro il
governo. I ribelli Taiping presero il nome dal Regno Celeste della Grande Pace
(Taiping tianguo in cinese) poiché
pensavano di cacciare i Qing, che erano manciù, e gli stranieri europei per
riportare la Cina al suo antico splendore. La lunga e devastante guerra civile
che ne seguì (1850 – 1864), prima che la rivolta venisse completamente
soppressa dalle forze imperiali con il decisivo aiuto degli Inglesi, causò la
distruzione di raccolti e intere città e costò la vita a quasi 20 milioni di
persone.
6.2 IL GIAPPONE
DEL PERIODO EDO
6.2.1 Un paese ancora feudale
Il periodo Edo comprende gli anni
1603-1868. Gli shogun
Tokugawa, dopo aver sconfitto i clan rivali, acquisirono il potere
assoluto. Il Giappone rimase, perciò, ancora saldamente un paese feudale
in
mano a samurai e shogun come nel periodo medievale,
mentre l’imperatore con la sua corte risiedeva senza poteri a Kyoto.
Lo shogun spostò il centro politico
e amministrativo a Edo (antico nome dell’odierna Tokyo), a quei tempi ancora un
piccolo villaggio di pescatori. Gli shogun Tokugawa cercarono di mantenere a
tutti i costi la stabilità politica e per questo costringevano i daimyo, i
signori feudali, a risiedere a Edo. Qui i daimyo trasferivano anche le proprie
corti e, non essendoci guerre interne, nel giro di un secolo Edo arrivò quasi a
un milione di abitanti.
6.2.2 La struttura sociale
La società era divisa in rigide
classi ed i matrimoni misti erano vietati dalla legge. La piramide sociale era
strutturata nel seguente modo:
Imperatore
Corte (nobili)
Shogun
Daimyo
Samurai
Contadini
Artigiani
Mercanti
Al di sotto
di tutti vi erano, infine, le cosiddette «persone impure», ovvero chi svolgeva
lavori a contatto con i cadaveri o le carogne (macellai, conciatori e becchini)
e i «non uomini» (erano così considerati i ladri, i mendicanti e le
prostitute). Per queste persone venivano costruiti specifici quartieri, isolati
dal resto della città e spesso non riportati nemmeno sulle mappe.
Le leggi
stabilivano per ogni classe sociale
precise norme che regolavano vari aspetti della vita pubblica e privata,
dal comportamento all’abbigliamento, dai beni consentiti fino alle attività di
svago e alle opportunità di poter avere un’istruzione.
6.2.3 I
samurai
In questi
secoli i samurai continuarono a seguire il bunbu, ideale in cui cultura (bun)
e arti marziali (bu) sono doveri uguali. Questi guerrieri avevano, secondo la dottrina confuciana, il compito
affidato dal Cielo di garantire un governo benevolo attraverso l’esempio
personale. La loro responsabilità era politica, ma anche morale. Questo si
univa al rispetto delle relazioni confuciane (gerarchia signore > suddito e padre
> figlio) allo scopo di garantire l’armonia sociale e la stabilità
politica. Il confucianesimo importato dalla Cina professava gli ideali di pietà
e amore verso i genitori, di lealtà e obbedienza verso i superiori e di
subordinazione dei propri bisogni a quelli della comunità di appartenenza. Il
samurai era, quindi, un individuo al servizio degli altri, il più possibile
staccato da bisogni materiali o di denaro. Ad esempio, il samurai che non era in
grado di saper distinguere le monete l’una dall’altra era considerato un
modello di grande virtù, proprio perché dimostrava con la sua ignoranza il
distacco dal valore materiale degli oggetti.
6.2.4 Lo sviluppo di una nuova società
Nonostante l’impostazione feudale e la rigida divisione in classi sociali,
la società governata dal regime degli shogun
Tokugawa, organizzata principalmente attorno all’attività agricola, si
sviluppò anche a livello mercantile.
Questo accade principalmente soltanto all’interno dell’impero. Gli unici
stranieri ammessi e con i quali si intrattenevano scambi commerciali erano i
cinesi e gli olandesi, costretti a vivere unicamente nella città portuale di
Nagasaki.
6.2.5 La vita nelle città
Questa chiusura all’esterno venne ufficializzata nel 1641 con
l’introduzione del sakoku. Fu una legge basata su un
estremo protezionismo che non permetteva ai giapponesi di avere contatto con
esterni, sul modello cinese. Una chiusura di carattere culturale che causò
anche la morte di molti missionari cattolici che arrivarono in Giappone per
diffondere la fede cristiana.
L’impossibilità di avere rapporti con l’esterno, però, permise al Periodo
Edo di essere un tempo di pace e relativa ricchezza, in cui si svilupparono le
città - specialmente Tokyo –, l’arte e la cultura, nacquero e si diffusero il sumo, una forma di lotta corpo a corpo tra
due sfidanti, il sushi
(per come è inteso oggi) e il teatro kabuki, una forma di teatro con
caratteristiche molto diverse da quelle occidentali, con una trama molto
incerta e l’assenza quasi totale di testo verbale.
A Kyoto vivevano circa trecentomila persone, mentre Edo si trasformò in una metropoli estesa, vivace e popolosa dove
la metà delle persone viveva nella «città bassa», zona dei rioni commerciali. Edo fu centro politico e amministrativo del
Giappone di questo periodo, ma anche nucleo economico e culturale, con
reti di strade e canali navigabili per il transito di grandi quantità di merci,
persone e informazioni.
6.3.6 Il “mondo fluttuante”
Questa fervida esistenza all’interno delle città, favorita dal forte
impulso dei commerci e della borghesia che con essi si stava arricchendo, rappresentava
il cosiddetto “mondo fluttuante”. Con queste parole si indica il “nuovo” mondo
che si stava creando grazie ad un periodo di pace e alla cultura mercantile, e
che si poteva vivere soprattutto di sera e di notte nei quartieri centrali di
Osaka, Kyoto e Edo. Molte di queste scene quotidiane sono testimoniate dalle
numerose, tipiche stampe artistiche dell’epoca, prodotte con matrici di legno e
con colori nitidi e uniformi. Proprio perché stampate in gran numero, queste
opere non avevano costi elevati e per questo si diffusero ampiamente nelle case
di molti giapponesi.
6.3.7 Istruzione e cultura
Nacquero numerose scuole private, spesso annesse ai templi locali, che
impartivano l’educazione ai figli dei
contadini, a mercanti e artigiani. La crescita del tasso di
alfabetizzazione (che verso la fine del Periodo Edo pare interessasse quasi la
metà della popolazione maschile) è testimoniata dall’ampia circolazione di libri
di botanica nelle zone rurali e di racconti, favole, cronache di viaggio e
vicende amorose destinate a un pubblico di lettori cittadini sempre più ampio.
In conclusione in questi secoli
risiede quel fermento intellettuale che interessò la
società giapponese a diversi livelli, dalla sfera politica, sociale e
filosofica fino al campo scientifico, letterario e artistico. Nonostante il
rigido sistema feudale e la morale confuciana dei Tokugawa, il Periodo Edo
costituì la base su cui si fonderanno i cambiamenti economici e culturali che
il Giappone compirà dopo la ‘riapertura’, con la fine del sakoku, a metà XIX secolo, e con il Periodo Meiji (1868-1912) che
porterà alla modernizzazione industriale.
6.3 IMPERI
ISLAMICI: OTTOMANO, SAFÀVIDE, MOGHUL
6.3.1
Gli Ottomani dall’Asia centrale al Mediterraneo: una minaccia per i cristiani
Il
nucleo originario di questo impero che si affermò soprattutto nel mar
Mediterraneo sorse nel 1299 ad opera del sovrano Othman I (da cui prende nome)
a partire da regioni centroasiatiche. La successiva espansione avvenne in Asia,
Nord Africa ed Europa orientale. L’Europa cristiana fu spesso minacciata dalle
invasioni della potenza ottomana che con il sovrano Maometto II conquistò
Costantinopoli nel 1453, ponendo fine all’Impero Bizantino, raggiunse le coste
italiane (presa e massacro di Otranto, 1480) e giunse a minacciare Venezia.
Tuttavia nella decisiva battaglia di Lepanto (1571), una lega di potenze
europee cristiane, unite allo Stato Pontificio, riuscì a sconfiggere
l’imponente flotta turca, dopo che un esercito di terra aveva già respinto la
minaccia ottomana dalla città di Vienna (1529). Il cuore dell’Europa fu
raggiunto durante le conquiste del sultano Solimano il Magnifico, epoca di
massima espansione per l’Impero Ottomano.
6.3.2
Verso l’influenza occidentale
I
sultani ottomani vivevano circondati dal lusso nel Palazzo del Topkapi a
Istanbul (nuovo nome di Costantinopoli) e si servivano di una milizia
personalizzata, i giannizzeri. Questi giovani e preparatissimi guerrieri
venivano scelti tra gli schiavi cristiani che i Turchi Ottomani facevano prigionieri
durante le loro incursioni. Dopo averli convertiti, venivano preparati e
addestrati in maniera specifica.
L’Impero
Ottomano, pur essendo fondato sulla shari’a, la legge religiosa
musulmana, fu sempre relativamente tollerante verso le minoranze di ebrei e
cristiani che vivevano entro i suoi confini e Istanbul continuò ad essere, come
nei secoli precedenti, una grande capitale cosmopolita e mercantile. Dal punto
di vista militare gli Ottomani erano tecnologicamente molto avanzati (uso dei
cannoni), ma sul piano economico, sociale e scientifico, dal XVIII secolo in
poi iniziarono a guardare al mondo occidentale europeo, importando cultura e
modi di vivere.
Un
lento e inarrestabile declino condurrà questo potente stato alla dissoluzione
dopo la sconfitta nella Prima guerra mondiale. Dopo il 1918 l’Impero Ottomano scomparve
così dalle cartine politiche dando vita, grazie a Mustafa Kemal detto Ataturk,
cioè “padre dei Turchi”, alla Repubblica turca nel 1934.
6.3.3
I Safàvidi: uno stato sciita in mezzo ai sunniti
Nonostante
fossero musulmani, i Safàvidi furono spesso in guerra con l’Impero Ottomano di
cui minacciavano il versante orientale. Questo perché la Persia, regione principale
dell’Impero Safàvide, era stata da sempre di orientamento sciita, a differenza
della gran parte dei musulmani che erano e sono ancora oggi sunniti (sciiti e
sunniti sono i due rami in cui si divisero i fedeli islamici alla morte del
profeta Maometto). I Safàvidi, perciò, cercavano anche di incoraggiare alla
ribellione gli sciiti all’interno dell’Impero Ottomano affinché ne venisse
destabilizzato l’ordine sociale e politico.
Questo
impero dell’Asia centrale - comprendente Iran, Iraq, Azerbaijan, territori
della Turchia, dell’Afghanistan e del Pakistan - si costituì a partire
dall’unificazione di regioni che erano appartenute all’Impero Mongolo, grazie
al giovane sovrano Ismail che si proclamò “scià”, ossia monarca assoluto, nel
1501.
6.3.4
Le relazioni con l’Europa
Il
sovrano più importante della dinastia safàvide fu lo scià Abbas I, detto il
Grande (1587-1629),
che alternando l'uso della forza e della diplomazia, riuscì a ricompattare il
Paese dilaniato dalle lotte interne, e a difenderlo dagli attacchi nemici alle
frontiere (Ottomani e
Uzbeki). Ciò fu possibile grazie al fatto che l’esercito, anche con l’aiuto
degli Inglesi, venne riformato secondo i sistemi europei, attraverso il
massiccio ricorso alla polvere da sparo e
a pezzi d'artiglieria.
La
scoperta di rotte navali intorno all’Africa consentì all’Impero Safàvide di
entrare in contatto con l'Europa senza
la mediazione dell’Impero Ottomano, che era un nemico comune. I commerci
globali facevano arrivare ad Isfahan, la splendida capitale, prodotti come il tabacco
che, insieme al caffè, venivano consumati da ricchi mercanti e aristocratici
nelle caffetterie, luoghi di ritrovo che si stavano diffondendo in Medio
Oriente, molto prima che in Europa.
I
viaggiatori europei che tra Seicento e Settecento visitarono Isfahan descrivono
la società safàvide come cosmopolita, vivace dal punto di vista culturale e
commerciale, parlano di splendide piazze e architetture che avrebbero fatto
impallidire quelle di Londra e raccontano di un’efficace burocrazia interna.
Nel
1722, dopo mesi di assedio da parte delle truppe afghane, la splendida capitale
Isfahan cadde in mano nemica. Questo evento decretò la fine dell’intero impero.
6.3.5
I Moghul: l’India tra musulmani e indù
Agli
inizi del Cinquecento, il condottiero turco-mongolo Babur (discendente da
Tamerlano e, forse, da Gengis Khan) cercò di espandere l’islamismo
dall’Afghanistan verso l’India, dove già questa religione si era insediata da
tempo, ma non in maniera definitiva come avverrà dopo il dominio dei Moghul.
Akbar
il Grande, nipote del capostipite Babur, riuscì a conquistare gran parte del
subcontinente indiano strappandolo ai principi indù. Sposando una loro
principessa si guadagnò la fedeltà della popolazione, ottenuta anche con la
libertà di culto delle divinità adorate dai sudditi che non erano musulmani. Anche
il sistema indù delle caste non fu modificato. Ebbe così inizio la Dinastia Moghul.
Akbar
si fece costruire una sontuosa dimora ad Agra che presto divenne luogo di
incontro di pittori, poeti e studiosi. I Moghul, infatti, amavano l’arte e la
cultura e costruirono anche splendide moschee e palazzi imponenti. La grandezza
della loro architettura raggiunge il vertice nel magnifico Taj Mahal, fatto
erigere dall’imperatore Shah Giahan vicino ad Agra nel XVII secolo, per onorare
la memoria della moglie scomparsa.
6.3.6
Lo sfaldamento e la colonizzazione inglese
L’economia
era soprattutto manifatturiera. Nelle campagne di diverse regioni ebbe un
notevole sviluppo la produzione a mano di tessuti di cotone destinati
all’estero. Questo tipo di industria fu molto redditizio e rimase ad alti
livelli fino al XIX secolo.
Il
declino dell’Impero Moghul iniziò dal 1707 con l’invasione degli eserciti
persiani nel nord-ovest dell’impero e la lenta riconquista da parte dei
principi indù dei territori originari. A questo si andò ad aggiungere la
progressiva colonizzazione degli europei che nella parte meridionale
cominciarono a stabilire avamposti per i loro commerci nell’Oceano Indiano.
Furono, infatti, gli inglesi che, approfittando della debolezza politica dovuta
alla frammentazione dell’impero e ai conflitti interni, presero in mano dalla
metà del 1700 la gestione della regione, fino alla definitiva sconfitta dei
sovrani Moghul nel 1857 e alla colonizzazione dell’intera India nell’Impero
Britannico.
6.4 IMPERO SONGHAI
6.4.1
Dall’Impero del Mali all’Impero Songhai
Situato
lungo la regione della savana tra il deserto del Sahara a nord e le foreste
dell'Africa meridionale occidentale, l’Impero del Mali aveva prosperato grazie
al controllo delle vie commerciali sulle quali viaggiavano oro, sale e schiavi.
Dalla seconda metà del 1400, tuttavia, con l’apertura di nuove rotte
commerciali che indebolirono quelle del Mali e soprattutto a causa dell’attacco
da parte dei Songhai, l’Impero del Mali iniziò a indebolirsi sempre più. Col
tempo si ridusse ad una piccola regione dell’Africa occidentale che sopravvisse
per altri due secoli, fino alla definitiva conquista da parte del Marocco.
6.4.2
Un stato musulmano fondato sul commercio
Lo
stato dei Songhai esisteva come monarchia già da alcuni secoli, più a est
dell’Impero del Mali. Quando i Songhai decisero di invadere l’Impero del Mali
lo fecero con un potente esercito di cavalleria coadiuvato da numerose canoe da
guerra. Da quel momento in poi, dopo la conquista di Timbuctu, le più
importanti rotte commerciali passarono sotto il loro controllo che si estendeva
fino alla grande ansa del fiume Niger.
L’impero
fu governato con profitto da sovrani musulmani che, dalla capitale Gao,
spinsero la popolazione a convertirsi, pur permettendo di mantenere vive anche
molte tradizioni religiose africane. La religione islamica contribuì a
facilitare i rapporti con i mercanti a nord e ad est: l’oro fu ancora la merce
da cui si traevano i maggiori guadagni.
6.4.3
I Songhai senza armi da fuoco soccombono al nemico
Nonostante
la sua ricchezza e la cultura che venne a svilupparsi nelle città, l'Impero
Songhai non conosceva le armi da fuoco, malgrado in Cina la polvere da sparo
fosse stata inventata già nel IX secolo e gli Arabi avessero sviluppato nel
1300 la prima pistola che utilizzava frecce come munizioni. Ecco dunque che nel
1591, gli eserciti del Marocco equipaggiati con armi da fuoco e cannoni
attraversò il Sahara e invase i territori Songhai. Anche se ben preparati, i
guerrieri Songhai, armati solo di spade e lance, furono facilmente sconfitti e
il loro stato infine inglobato sotto il controllo marocchino.
6.5 REGNI DELLA FORESTA: IFE E BENIN
6.5.1
Regno di Ife
La
città di Ife è situata nell’attuale Nigeria. Tra il XII e il XV secolo Ife fu
una fiorente città-stato, capitale di un regno di lingua yoruba (ancora
largamente diffusa in Africa occidentale) a ridosso del confine tra savana e
foresta. I sovrani di Ife erano chiamati oni
e rivendicavano la propria discendenza dalle divinità yoruba.
Nonostante
l’ambiente apparentemente sfavorevole, questo stato poteva godere di risorse
che destarono subito un grande interesse quando vi giunsero gli europei, nel
1500. Furono proprio questi a dare toponimi facilmente riconducibili alle
ricchezze del luogo come Costa dell’Avorio, Costa dell’Oro e Costa degli
Schiavi, in seguito al traffico di esseri umani iniziato in questa regione
dall’Impero Portoghese.
L’economia
di Ife era quindi basato sul commercio, ma anche sull’agricoltura e sulla
tassazione dei contadini. Ma ciò che desta stupore ancora oggi sono i manufatti
artistici ritrovati nel territorio di Ife e risalenti proprio al periodo
storico di questo regno. Si tratta di sculture eseguite con tecnica di intaglio
precisa e raffinata, teste di terracotta e metallo per uso rituale e funerario
raffiguranti soprattutto gli oni.
6.5.2
Regno del Benin
Il
Regno del Benin arrivò ad espandersi tra il XV e il XVI secolo fino a occupare
il territorio dell’odierna Nigeria. La capitale, Benin, si presentò agli occhi
dei primi esploratori europei che vi giunsero alla fine del Quattrocento, come
una città protetta da possenti mura, estesa e ben organizzata con strade larghe
e grandi edifici.
Le
vie commerciali che collegavano le città del Regno di Benin con il Sahara
meridionale videro per secoli lo scambio di prodotti come noci di cola (cibo
con alto valore simbolico, venivano masticate nei rituali religiosi e di
ospitalità), avorio e manufatti di cotone con rame e sale che arrivavano da
nord. Con l’arrivo dei Portoghesi iniziò anche il commercio di prigionieri di
guerra venduti come schiavi. I Portoghesi, infatti, furono i primi, tra i
colonizzatori europei, a sfruttare l’Africa per utilizzare manodopera nelle
Americhe.
Questo
potente stato monarchico vide la sua fine con l’arrivo della Gran Bretagna che,
verso la fine del XIX secolo, mise a ferro e fuoco la capitale, radendo al
suolo il palazzo reale e deportando gran parte delle opere d’arte al suo
interno. Questi oggetti di grande raffinatezza prodotti da artigiani di alto
livello sono oggi sparsi in vari musei del mondo.
6.6 IMPERO DEL CONGO
6.6.1
Uno stato cristiano al centro dell’Africa
Situato
tra l’attuale Angola settentrionale e la Repubblica del Congo, questo impero
ebbe vita tra il XV e gli inizi del XX secolo. Fin dal 1489 si stabilirono
relazioni tra i congolesi e i portoghesi che, pochi anni prima, erano giunti
alla foce del fiume Congo meravigliandosi di scoprire uno stato organizzato
sotto molti aspetti come quel del Portogallo.
Un’ambasciata
del Congo fu ricevuta a Lisbona, mentre i sovrani africani si convertivano al
cristianesimo adottandone addirittura i nomi di battesimo: è il caso di Nzinga
Mbemba che cambiò il nome in Alfonso I e ribattezzò la capitale Ambasse con San
Salvador. Furono costruite chiese e il cristianesimo fu diffuso anche tra il
popolo, cercando di combinarlo con forme di credenze religiose e culturali che
già esistevano affinché venisse meglio accettato.
6.6.2
Da terra di schiavi a colonia portoghese
La
fitta rete commerciale portò a un rilevante sviluppo economico l’impero. Merce
di scambio erano soprattutto avorio, ceramica e manufatti in rame e ferro,
mentre come moneta corrente erano utilizzate conchiglie pregiate.
Quando
l’Angola divenne colonia portoghese e il traffico di schiavi da questa regione
iniziò ad incrementare, l’Impero del Congo subì una serie di attacchi proprio
da parte di una coalizione portoghese-angolana. Da questo momento iniziò un
lento declino.
Per
tutto il XVII e il XVIII secolo si susseguirono disordini e conflitti interni
tra i vari popoli bantu. Inoltre l’Impero del Congo divenne teatro di violenti
e duraturi scontri tra Portogallo e Olanda, quando gli Olandesi erano stati
chiamati in aiuto proprio dai sovrani del Congo. Dopo una lunga serie di
divisioni interne e dopo la spartizione dell’Africa da parte delle potenze
europee tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo, il trono del Congo passò
formalmente sotto il potere coloniale del Portogallo.