lunedì 20 ottobre 2025

 

Introduzione

L’industrializzazione e l’affermazione degli Stati nazionali nel XIX secolo furono spinte importanti per avviare un sistema di istruzione di massa che andasse a trasformare la società anche nei ceti più bassi, poiché la cultura era quasi sempre stata un lusso riservato alle aristocrazie o gestito da istituzioni religiose. L’identità nazionale dei popoli doveva essere formata in maniera unitaria e la scuola doveva essere il luogo in cui ciò doveva avvenire, anche attraverso la trasmissione degli ideali della disciplina e del lavoro. Grazie all’insegnamento infatti si preparavano i futuri adulti cittadini ad essere lavoratori diligenti e proprio dentro la scuola questo obiettivo era facilitato dai metodi dell’ordine e della disciplina.

Con l’ispirazione al modello occidentale anche il Giappone, la Russia e la Turchia, oltre a investire nella costruzione di infrastrutture e fabbriche ritennero necessarie riforme che andassero verso un’alfabetizzazione di massa.

La scuola fu comunque, e soprattutto, il luogo in cui poter accedere ai saperi e alla comprensione della realtà attraverso l’indagine e lo studio, diventando, nel corso del Ventesimo secolo, uno dei diritti universali fondamentali per gli esseri umani.

 

 


4.1 Grandi migrazioni trasformano le società del mondo

 

 

 

 


4.1.1. Le migrazioni come fenomeno globale

Gli ultimi due secoli videro un grande aumento dei movimenti umani attraverso il pianeta. Le cause furono diverse: il bisogno di trovare un’occupazione, migliori condizioni di vita, il desiderio di nuove terre, ma anche motivazioni politiche e religiose legate a persecuzioni. Nello specifico, si può affermare che nel periodo compreso tra la metà dell’Ottocento e la metà del Novecento ci fu la più vasta migrazione del mondo nella storia dell’uomo:

- quasi 50 milioni di persone emigrarono da diversi paesi europei verso le Americhe e, in misura minore, Australia;

- altrettante lasciarono la Cina per l’Asia sud-orientale, il Pacifico meridionale, le Americhe e l’Oceano Indiano;

- oltre trenta milioni di migranti partirono dall’India per sfuggire al sovraffollamento e per cercare lavoro, verso il Sud America, i Caraibi, il Sud Pacifico e le Isole Mauritius, la Malesia e l'Africa meridionale.

Queste tre grandi ondate migratorie hanno causato cambiamenti significativi nelle popolazioni mondiali, per esempio a livello di aumento demografico: le aree geografiche dove queste ondate sono giunte videro incrementare di oltre il doppio il numero di abitanti. Ma i paesi in cui si riversarono in gran numero gli emigranti si trasformarono anche in termini sociali ed economici con la creazione di società multietniche e con la disponibilità di forza lavoro a basso costo costituita dai nuovi arrivati. Questo accadde soprattutto negli Stati Uniti, all’interno di un processo di sviluppo che stava portando il paese a diventare una potenza mondiale.

 

 

 

 

4.1.2 Migrazioni e schiavitù: i coolie

L’arrivo di lavoratori stranieri in terre lontane migliaia di chilometri dalla propria creò in molti casi situazioni di discriminazione, emarginazione, sfruttamento e violenza ai danni dei migranti. Ciò accadde a migliaia di contadini indiani e cinesi costretti a migrare per mancanza di lavoro in quelle regioni del mondo dove, in seguito all’abolizione della schiavitù, si erano venute a creare grandi vuoti di manodopera soprattutto nelle piantagioni e nell’edilizia. Nelle campagne di USA, Australia, Cuba o Perù, questi migranti asiatici subirono spesso condizioni di lavoro coatto molto simili a quelle degli schiavi nei secoli precedenti.

I coolie (come venivano denominati) erano molte volte reclutati con la forza o addirittura rapiti, affrontavano viaggi duri ed estenuanti in cui si poteva trovare anche la morte, ed erano sfruttati per molte ore al giorno, sottopagati o non pagati proprio. Le occupazioni cui venivano sottoposti erano quelle rifiutate dagli occidentali. Spesso le sofferenze fisiche e psichiche cui erano assoggettati, portavano i coolie a fare uso di oppio, una pianta tossica, la cui dipendenza era anche utilizzata da chi li ingaggiava come strumento di controllo.

 

 

 

 

4.1.3 Migrazioni e urbanizzazione

In gran parte del mondo la manodopera era richiesta soprattutto nelle fabbriche, per questo i movimenti migratori di questo periodo andarono a creare un forte impatto sulla già crescente urbanizzazione. Oltre ai movimenti su lunga distanza vi erano anche quelli a breve distanza che vedevano spostamenti proprio dalla campagna verso la città. In questi decenni si svilupparono anche le prime metropoli negli Stati Uniti, come New York e Chicago, e si produsse un cambiamento urbanistico in molte grandi città europee con la costruzione di zone residenziali per la borghesia e di quartieri periferici per gli operai. Grande importanza assunse, anche dal punto di vista della grandezza architettonica, la stazione ferroviaria.

Altre masse di lavoratori stranieri trovarono, invece, impiego fuori dalle città, in miniere e colture da reddito come l'olio di palma o la gomma, ma anche in regioni geografiche scarsamente popolate, come Australia, Nuova Zelanda, America Meridionale, Africa Meridionale e Siberia, dove l’abolizione della servitù della gleba decretata dallo zar nel 1861 aveva fatto arrivare milioni di persone dalla Russia e dall’Asia centrale.

In queste regioni geografiche, proprio grazie all’apporto della manodopera dei migranti poterono fiorire e svilupparsi successivamente aree urbane, zone industriali e infrastrutture come strade e reti ferroviarie.

 

 

 

 

4.1.4 Emigrazione e immigrazione in Europa

L’imperialismo incoraggiò questo processo di migrazione anche attraverso l’investimento di ingenti capitali per continuare a sfruttare i meccanismi dell’economia globale, già messi in moto dalle potenze europee a partire dal Cinquecento e dall’epoca delle scoperte geografiche. Nei secoli successivi la maggior parte degli europei era approdata in aree dove vi erano già comunità che provenivano dai propri paesi di origine, in modo da trovare minori difficoltà di adattamento. In termini di velocità, questo processo fu favorito dalla tecnologia dei trasporti legata alla cosiddetta Seconda Rivoluzione industriale.

Una delle cause principali delle migrazioni transoceaniche europee è da rintracciare nel forte aumento demografico, favorito dalle migliori condizioni di vita dovute all’industrializzazione e alla tecnologia. L’Europa passò, infatti, da 140 milioni di abitanti nel Settecento a 400 milioni nel 1900. Dato che questa grande disponibilità di manodopera era di gran lunga superiore ai bisogni reali dell’economia, molti giovani, ma anche molte famiglie furono costretti a lasciare la propria terra.

In direzione opposta, però, anche dalle colonie partirono nello stesso periodo molti migranti che andarono, nel tempo, a creare comunità sempre più numerose e quartieri multietnici nelle grandi città europee come Londra, Amburgo e Parigi. Questi immigrati si muovevano spesso alla ricerca di condizioni di vita sociali migliori o di possibilità di ricevere un tipo di istruzione, ma non sempre videro i loro desideri realizzarsi.

 

 

 

4.1.5 L’emigrazione irlandese

Tra i secoli XIX e XX i paesi extraeuropei investiti da ondate migratorie molto potenti furono Brasile, Argentina, Australia, Canada e Stati Uniti. Questi ultimi arrivarono a registrare l’arrivo di quasi un milione di migranti all’anno nel decennio prima della Prima Guerra Mondiale. Subito dopo, furono varate dal governo statunitense leggi per limitare l'immigrazione. Tra i migranti che si trasferirono negli USA in questa fase vi erano circa due milioni di irlandesi, soprattutto in conseguenza alla gravissima carestia che aveva colpito l’Irlanda a causa della peronospora delle patate che aveva distrutto interi raccolti. Questo evento portò alla fame milioni di irlandesi tra il 1845 e il 1850, molti dei quali videro l’unica salvezza nell’emigrazione, in Nord America ma anche Regno Unito e in Australia.

Molti irlandesi vennero discriminati come stranieri e spesso appellati come pot-lickers (leccapentole) per il fatto di mangiare fino all’ultima traccia di cibo a causa della fame. Ma ci furono anche aiuti verso di loro e, a tal proposito, vale la pena ricordare la donazione in denaro ricevuta dai Choctaw, un popolo nativo, per aiutare chi soffriva la carestia in Irlanda. Gli stessi Choctaw erano stati costretti dal governo ad un movimento migratorio verso ovest, oltre il fiume Mississippi, e ad abbandonare pe proprie terre.

 

 

 

 

4.1.6 L’emigrazione italiana

Nella seconda metà dell’Ottocento gli emigranti italiani partirono soprattutto dalle regioni del Nord verso altri paesi europei, in un primo momento, e verso le Americhe dalla fine del secolo in poi. Buona parte del denaro guadagnato lavorando duramente veniva rimandato alle famiglie in Italia. Con lo sviluppo delle industrie nell’Italia del Nord, in seguito, la situazione migliorò e le migrazioni si incentrarono verso il Sud. Spesso il bisogno di partire generava catene migratorie tra comunità di partenza e comunità di arrivo e accoglienza come tra Caserta e Providence (USA) o Piemonte e San Gustavo (Argentina).

La ricerca di migliori condizioni di vita e di lavoro spinsero milioni di nostri connazionali verso Stati Uniti, Brasile, Canada e anche in Australia. Un flusso massiccio – secondo alcune stime circa 3 milioni - si ebbe in Argentina dove, ancora oggi, circa la metà dei cognomi è di origine italiana e dove la nascita del tango, complesso fenomeno culturale fatto di danza, musica e parole, vide, tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo, proprio la cultura italiana interagire con le culture locali e con quelle degli altri migranti.

Dopo un lungo e spossante viaggio in mare della durata di 30 - 40 giorni, gli emigranti italiani raggiungevano le coste delle Americhe come, ad esempio, Ellis Island a new York. Qui venivano messi in quarantena, sottoposti a visite mediche, controlli e interrogatori per verificare il possesso di requisiti necessari ad essere ospitati.

Il dato relativo alla presenza a New York di 500000 connazionali nel 1900 ci dice di quanto vasto fu questo fenomeno e di come nelle grandi città si venissero a creare interi quartieri italiani (Little Italy a New York e a Chicago, ma anche La Boca a Buenos Aires e Bela Vista a San Paolo in Brasile).

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