L’industrializzazione e l’affermazione degli Stati nazionali nel XIX
secolo furono spinte importanti per avviare un sistema di istruzione di massa
che andasse a trasformare la società anche nei ceti più bassi, poiché la
cultura era quasi sempre stata un lusso riservato alle aristocrazie o gestito
da istituzioni religiose. L’identità nazionale dei popoli doveva essere formata
in maniera unitaria e la scuola doveva essere il luogo in cui ciò doveva
avvenire, anche attraverso la trasmissione degli ideali della disciplina e del
lavoro. Grazie all’insegnamento infatti si preparavano i futuri adulti
cittadini ad essere lavoratori diligenti e proprio dentro la scuola questo
obiettivo era facilitato dai metodi dell’ordine e della disciplina.
Con l’ispirazione al modello occidentale anche il Giappone, la Russia
e la Turchia, oltre a investire nella costruzione di infrastrutture e fabbriche
ritennero necessarie riforme che andassero verso un’alfabetizzazione di massa.
La scuola fu comunque, e soprattutto, il luogo in cui poter accedere
ai saperi e alla comprensione della realtà attraverso l’indagine e lo studio,
diventando, nel corso del Ventesimo secolo, uno dei diritti universali
fondamentali per gli esseri umani.
4.1 Grandi migrazioni
trasformano le società del mondo
4.1.1. Le migrazioni come fenomeno globale
Gli ultimi due secoli videro un grande aumento dei movimenti umani
attraverso il pianeta. Le cause furono diverse: il bisogno di trovare
un’occupazione, migliori condizioni di vita, il desiderio di nuove terre, ma
anche motivazioni politiche e religiose legate a persecuzioni. Nello specifico,
si può affermare che nel periodo compreso tra la metà dell’Ottocento e la metà
del Novecento ci fu la più vasta migrazione del mondo nella storia dell’uomo:
- quasi 50 milioni di persone emigrarono da diversi paesi europei
verso le Americhe e, in misura minore, Australia;
- altrettante lasciarono la Cina per l’Asia sud-orientale, il Pacifico
meridionale, le Americhe e l’Oceano Indiano;
- oltre trenta milioni di migranti partirono dall’India per sfuggire
al sovraffollamento e per cercare lavoro, verso il Sud America, i Caraibi, il
Sud Pacifico e le Isole Mauritius, la Malesia e l'Africa meridionale.
Queste tre grandi ondate migratorie hanno causato cambiamenti
significativi nelle popolazioni mondiali, per esempio a livello di aumento
demografico: le aree geografiche dove queste ondate sono giunte videro
incrementare di oltre il doppio il numero di abitanti. Ma i paesi in cui si
riversarono in gran numero gli emigranti si trasformarono anche in termini
sociali ed economici con la creazione di società multietniche e con la
disponibilità di forza lavoro a basso costo costituita dai nuovi arrivati. Questo
accadde soprattutto negli Stati Uniti, all’interno di un processo di sviluppo
che stava portando il paese a diventare una potenza mondiale.
4.1.2
Migrazioni e schiavitù: i coolie
L’arrivo di lavoratori stranieri in terre lontane migliaia di
chilometri dalla propria creò in molti casi situazioni di discriminazione,
emarginazione, sfruttamento e violenza ai danni dei migranti. Ciò accadde a
migliaia di contadini indiani e cinesi costretti a migrare per mancanza di
lavoro in quelle regioni del mondo dove, in seguito all’abolizione della
schiavitù, si erano venute a creare grandi vuoti di manodopera soprattutto
nelle piantagioni e nell’edilizia. Nelle campagne di USA, Australia, Cuba o Perù,
questi migranti asiatici subirono spesso condizioni di lavoro coatto molto
simili a quelle degli schiavi nei secoli precedenti.
I coolie (come venivano
denominati) erano molte volte reclutati con la forza o addirittura rapiti,
affrontavano viaggi duri ed estenuanti in cui si poteva trovare anche la morte,
ed erano sfruttati per molte ore al giorno, sottopagati o non pagati proprio.
Le occupazioni cui venivano sottoposti erano quelle rifiutate dagli
occidentali. Spesso le sofferenze fisiche e psichiche cui erano assoggettati,
portavano i coolie a fare uso di
oppio, una pianta tossica, la cui dipendenza era anche utilizzata da chi li ingaggiava
come strumento di controllo.
4.1.3
Migrazioni e urbanizzazione
In gran parte del mondo la manodopera era richiesta soprattutto nelle
fabbriche, per questo i movimenti migratori di questo periodo andarono a creare
un forte impatto sulla già crescente urbanizzazione. Oltre ai movimenti su
lunga distanza vi erano anche quelli a breve distanza che vedevano spostamenti
proprio dalla campagna verso la città. In questi decenni si svilupparono anche
le prime metropoli negli Stati Uniti, come New York e Chicago, e si produsse un
cambiamento urbanistico in molte grandi città europee con la costruzione di
zone residenziali per la borghesia e di quartieri periferici per gli operai.
Grande importanza assunse, anche dal punto di vista della grandezza
architettonica, la stazione ferroviaria.
Altre masse di lavoratori stranieri trovarono, invece, impiego fuori
dalle città, in miniere e colture da reddito come l'olio di palma o la gomma,
ma anche in regioni geografiche scarsamente popolate, come Australia, Nuova
Zelanda, America Meridionale, Africa Meridionale e Siberia, dove l’abolizione
della servitù della gleba decretata dallo zar nel 1861 aveva fatto arrivare
milioni di persone dalla Russia e dall’Asia centrale.
In queste regioni geografiche, proprio grazie all’apporto della
manodopera dei migranti poterono fiorire e svilupparsi successivamente aree
urbane, zone industriali e infrastrutture come strade e reti ferroviarie.
4.1.4
Emigrazione e immigrazione in Europa
L’imperialismo incoraggiò questo processo di migrazione anche
attraverso l’investimento di ingenti capitali per continuare a sfruttare i
meccanismi dell’economia globale, già messi in moto dalle potenze europee a
partire dal Cinquecento e dall’epoca delle scoperte geografiche. Nei secoli
successivi la maggior parte degli europei era approdata in aree dove vi erano
già comunità che provenivano dai propri paesi di origine, in modo da trovare
minori difficoltà di adattamento. In termini di velocità, questo processo fu
favorito dalla tecnologia dei trasporti legata alla cosiddetta Seconda
Rivoluzione industriale.
Una delle cause principali delle migrazioni transoceaniche europee è
da rintracciare nel forte aumento demografico, favorito dalle migliori
condizioni di vita dovute all’industrializzazione e alla tecnologia. L’Europa
passò, infatti, da 140 milioni di abitanti nel Settecento a 400 milioni nel
1900. Dato che questa grande disponibilità di manodopera era di gran lunga
superiore ai bisogni reali dell’economia, molti giovani, ma anche molte
famiglie furono costretti a lasciare la propria terra.
In direzione opposta, però, anche dalle colonie partirono nello stesso
periodo molti migranti che andarono, nel tempo, a creare comunità sempre più
numerose e quartieri multietnici nelle grandi città europee come Londra,
Amburgo e Parigi. Questi immigrati si muovevano spesso alla ricerca di
condizioni di vita sociali migliori o di possibilità di ricevere un tipo di
istruzione, ma non sempre videro i loro desideri realizzarsi.
4.1.5
L’emigrazione irlandese
Tra i secoli XIX e XX i paesi extraeuropei investiti da ondate
migratorie molto potenti furono Brasile, Argentina, Australia, Canada e Stati
Uniti. Questi ultimi arrivarono a registrare l’arrivo di quasi un milione di
migranti all’anno nel decennio prima della Prima Guerra Mondiale. Subito dopo,
furono varate dal governo statunitense leggi per limitare l'immigrazione. Tra i
migranti che si trasferirono negli USA in questa fase vi erano circa due
milioni di irlandesi, soprattutto in conseguenza alla gravissima carestia che
aveva colpito l’Irlanda a causa della peronospora delle patate che aveva
distrutto interi raccolti. Questo evento portò alla fame milioni di irlandesi
tra il 1845 e il 1850, molti dei quali videro l’unica salvezza
nell’emigrazione, in Nord America ma anche Regno Unito e in Australia.
Molti irlandesi vennero discriminati come stranieri e spesso appellati
come pot-lickers (leccapentole) per
il fatto di mangiare fino all’ultima traccia di cibo a causa della fame. Ma ci
furono anche aiuti verso di loro e, a tal proposito, vale la pena ricordare la
donazione in denaro ricevuta dai Choctaw, un popolo nativo, per aiutare chi soffriva
la carestia in Irlanda. Gli stessi Choctaw erano stati costretti dal governo ad
un movimento migratorio verso ovest, oltre il fiume Mississippi, e ad
abbandonare pe proprie terre.
4.1.6
L’emigrazione italiana
Nella seconda metà dell’Ottocento gli emigranti italiani partirono
soprattutto dalle regioni del Nord verso altri paesi europei, in un primo
momento, e verso le Americhe dalla fine del secolo in poi. Buona parte del
denaro guadagnato lavorando duramente veniva rimandato alle famiglie in Italia.
Con lo sviluppo delle industrie nell’Italia del Nord, in seguito, la situazione
migliorò e le migrazioni si incentrarono verso il Sud. Spesso il bisogno di
partire generava catene migratorie tra comunità di partenza e comunità di
arrivo e accoglienza come tra Caserta e Providence (USA) o Piemonte e San
Gustavo (Argentina).
La ricerca di migliori condizioni di vita e di lavoro spinsero milioni
di nostri connazionali verso Stati Uniti, Brasile, Canada e anche in Australia.
Un flusso massiccio – secondo alcune stime circa 3 milioni - si ebbe in
Argentina dove, ancora oggi, circa la metà dei cognomi è di origine italiana e
dove la nascita del tango, complesso fenomeno culturale fatto di danza, musica
e parole, vide, tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo, proprio la
cultura italiana interagire con le culture locali e con quelle degli altri
migranti.
Dopo un lungo e spossante viaggio in mare della durata di 30 - 40
giorni, gli emigranti italiani raggiungevano le coste delle Americhe come, ad
esempio, Ellis Island a new York. Qui venivano messi in quarantena, sottoposti
a visite mediche, controlli e interrogatori per verificare il possesso di
requisiti necessari ad essere ospitati.
Il dato relativo alla presenza a New York di 500000 connazionali nel
1900 ci dice di quanto vasto fu questo fenomeno e di come nelle grandi città si
venissero a creare interi quartieri italiani (Little Italy a New York e a Chicago, ma anche La Boca a Buenos Aires e Bela
Vista a San Paolo in Brasile).
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