sabato 29 marzo 2025


Traccia: “Nelle relazioni con gli altri, l’aspetto fisico è più importante della personalità?”


1. Introduzione (presenta il tema e la tua opinione)

  • Introduci brevemente l’argomento: nella società di oggi si dà molta importanza all’aspetto fisico.

  • Formula una tesi chiara: sei d’accordo o no? (es. "Penso che la personalità sia più importante dell’aspetto fisico.")
    👉 Frasi utili:

  • “Oggi si parla spesso di…”

  • “Secondo me…”

  • “Io penso che…”


2. Primo argomento (motiva la tua opinione)

  • Spiega perché la personalità è più importante (o, se hai scelto l'altra tesi, spiega perché l’aspetto fisico lo è).
    👉 Frasi utili:

  • “Un primo motivo è che…”

  • “Questo perché…”

  • “Ad esempio…”


3. Secondo argomento (aggiungi un altro motivo)

  • Aggiungi un secondo argomento per rafforzare la tua opinione.
    👉 Frasi utili:

  • “Un altro motivo è…”

  • “Infatti…”

  • “Questo dimostra che…”


4. Confutazione (considera l’opinione contraria e spiega perché non sei d’accordo)

  • Mostra di conoscere anche l’opinione opposta alla tua.

  • Spiega perché non ti convince.
    👉 Frasi utili:

  • “Alcuni pensano che…”

  • “È vero che… ma io penso che…”

  • “Nonostante questo…”


5. Conclusione (riassumi e ribadisci la tua opinione)

  • Ripeti brevemente la tua idea principale.

  • Puoi aggiungere una riflessione finale.
    👉 Frasi utili:

  • “In conclusione…”

  • “Per questi motivi…”

  • “Credo che nelle relazioni conti di più…”

Seconda guerra mondiale e Nazismo 

venerdì 28 marzo 2025

 

  • Irma Bandiera.
  • Ines Bedeschi.
  • Gina Borellini.
  • Livia Bianchi.
  • Carla Capponi.
  • Cecilia Deganutti.
  • Paola Del Din.
  • Anna Maria Enriquez.

sabato 22 marzo 2025

 

Traccia per un testo argomentativo

Tema: I social network fanno più bene o più male ai ragazzi?

📌 Introduzione (5-6 righe)

  • Presenta il tema: i social network fanno parte della vita quotidiana dei ragazzi e degli adulti.

  • Spiega perché è un argomento importante: sono utili, ma possono avere anche effetti negativi.

  • Formula una tesi (la tua opinione): secondo te, i social network sono più un'opportunità o un pericolo?

📌 Argomentazione 

  • Argomento a favore (se pensi che i social siano positivi, spiega perché. Se pensi che siano negativi, spiega i rischi).

    • Esempi: aiutare a rimanere in contatto con gli amici, permettere di informarsi, danneggiare spazio alla creatività.

    • Oppure: possono creare dipendenza, ridurre il tempo passato all'aria aperta, espongono a rischi come il cyberbullismo.

  • Argomento contro (presenta il punto di vista opposto e prova a confutarlo).

    • Esempi: se dici che i social sono utili, puoi riconoscere che hanno dei rischi, ma spiegare che con un uso corretto si possono evitare.

    • Se dici che i social sono dannosi, puoi ammettere che hanno qualche vantaggio, ma sottolineare che i rischi sono più grandi.

📌 Conclusione (5-10 righe)

  • Riassumi il tuo punto di vista.

  • Dai una riflessione finale: come dovrebbero comportarsi i ragazzi con i social?

  • Puoi chiudere con una domanda che faccia pensare (es. “Vale davvero la pena passare così tanto tempo online?”).


🔹 Suggerimenti per scrivere bene 🔹
✅ Usa frasi chiare e non troppo lunghe.
✅ Spiega sempre perché pensi una cosa, porta esempi.
✅ Usa connettori per collegare le idee: per esempio, quindi, però, infatti, d'altra parte .
✅ Rileggi alla fine per correggere eventuali errori.

sabato 15 marzo 2025


Titolo: "Chi sono io? Identità e società attraverso Pirandello"

Traccia:
Luigi Pirandello ha esplorato nei suoi libri il tema dell'identità, del rapporto tra il "vero io" e l'immagine che gli altri hanno di noi, e della difficoltà di conoscere se stessi in una società piena di aspettative e giudizi.

***

Indicazioni per la scrittura:

  • Usa esempi personali o esperienze per rendere il tuo testo più autentico (come ti senti? come ti vedi? ti senti diverso a seconda delle persone di fronte a te? etc.)
  • Fai riferimento a Pirandello e ai concetti che ti hanno colpito di più per approfondire il tuo ragionamento.
  • Struttura il testo in modo chiaro: introduzione (presentazione dell'argomento), sviluppo (riflessione personale e confronto con Pirandello), conclusione (una tua opinione finale su come trovare la propria identità nel mondo di oggi).

Africa corretto corretto 

venerdì 14 marzo 2025

 LA SECONDA GUERRA MONDIALE



ITALIA 

Il Fascismo aveva prodotto e diffuso uno 

stereotipo di donna come “moglie e madre”, 

completamente dedita alla riproduzione e 

all’amministrazione della casa in cui gestire 

una famiglia numerosa e dedicarsi con 

massima cura al marito, unico lavoratore 

riconosciuto nel modello di propaganda 

fascista. 

Quando scoppiò la Seconda 

guerra mondiale, molte donne continuarono 

a restare fedeli a tale stereotipo e rimasero a badare ai propri cari in attesa che gli uomini tornassero dal fronte. Col tempo, però, gli eventi portarono a trasformazioni che inevitabilmente investirono l’ordine sociale in essere e, quindi, anche il ruolo delle donne.

In quegli anni, in campagna, le donne continuarono a lavorare per l’autosostentamento delle proprie famiglie piantando e raccogliendo cereali, specialmente riso (come le mondine della Val Padana), occupandosi della casa, crescendo i propri figli e prendendosi cura 

                                                                  degli anziani. Nei centri urbani, invece,

                                                              così com’era accaduto durante il Primo

                                                                    conflitto mondiale, molte 

                                                                     di loro vennero reclutate come 

                                                                                 operaie nelle fabbriche per 

                                                                                  poter sostituire gli uomini 

                                                                             chiamati a combattere. Vennero 

                                                                           loro assegnati ruoli nelle industrie 

tessili, in quelle alimentari e in quelle chimiche per la lavorazione di minerali, carta e pelli. 

La guerra fu anche un’importante occasione per permettere alle donne italiane di poter svolgere mansioni anche nel settore terziario dell’economia e riscattarsi per questo socialmente in un contesto culturale che prediligeva di gran lunga la presenza degli uomini in certe situazioni lavorative. Molte di esse furono medici e infermiere, ostetriche, balie e maestre elementari, mentre erano escluse dall’insegnamento superiore. 



GERMANIA

Durante gli anni del Nazismo in Germania, 

le donne furono sottoposte a un controllo 

sociale e politico rigoroso che limitò 

significativamente le loro libertà. 

Ispirandosi al Fascismo italiano, 

l’ideologia nazista promuoveva 

un’immagine tradizionale della donna, 

relegandola principalmente al ruolo di 

madre e casalinga. Il regime di Hitler 

cercava di rafforzare la famiglia 

tradizionale tedesca e incoraggiava 

perciò le donne a dedicarsi alla loro 

“missione” di generare figli ariani per

sostenere la causa razzista che era alla base del Nazismo. La loro immagine doveva rifarsi a un ideale di corpo robusto fisicamente sano e  in grado di assolvere ai propri doveri sociali secondo lo slogan, già in uso nella Germania imperiale, delle tre K:  Kinder, Küche, Kirche (bambini, cucina e chiesa).

La discriminazione di genere divenne parte integrante della politica tedesca (con l’esclusione da posizioni di potere, oltre che da settori professionali come esercito e magistratura), ma molte donne ebbero comunque un ruolo attivo nel Partito Nazista, per esempio come infermiere o cuoche. Nonostante l’indottrinamento cui erano sottoposte, alcune donne si opposero con forza al potere di Hitler, pagando con la propria vita, come nel caso di Libertas Schulze-Boysen e Sophie Scholl.

                                                                Con lo scoppio della Seconda Guerra  

                                                                  Mondiale nel 1939, le donne tedesche 

                                                                    furono coinvolte in modo diretto e 

                                                                    indiretto nel conflitto. Molte di esse 

                                                                    furono mobilitate per sostenere 

                                                                     l’industria bellica tedesca, lavorando 

                                                                   nelle fabbriche in sostituzione degli 

                                                                    uomini arruolati nell’esercito. Questo 

                                                                     cambio di ruolo le portò a una 

                                                                    maggiore indipendenza economica, 

                                                                    ma il controllo del regime sulle loro 

                                                                  vite rimase forte. All’interno delle SS il 

                                                                        lavoro femminile fu limitato al volontariato e al servizio di emergenza, mentre come guardie, segretarie e infermiere molte donne furono impiegate nei campi di concentramento.


GIAPPONE

Prima della guerra, in Giappone le donne 

potevano trovare occupazione in due tipi 

di lavoro. Il primo le vedeva come operaie 

svolgere turni massacranti nell’industria 

tessile: si trattava soprattutto di donne 

che non si sposavano o che avevano 

esigenza di lavorare poiché 

provenienti da famiglie indigenti. 

La rigida visione patriarcale, infatti, 

non considerava che dopo il 

matrimonio una donna avesse ancora bisogno di lavorare. L’altra 

occupazione, pur non prevedendo retribuzione, era scelta dalla maggior parte delle donne giapponesi e le vedeva impegnate nei campi e nella gestione delle fattorie di famiglia. Si trattava di lavori di dura fatica che rientravano nel modo di considerare le donne in Giappone come lavoratrici, obbedienti e sottomesse al marito, per il sostentamento della famiglia. 

Queste convenzioni culturali, quando scoppiò la guerra nel Pacifico, impedirono al governo di usufruire delle donne come forze militari e solo dopo qualche anno, quando la carenza di operai uomini nelle fabbriche si fece sentire in maniera problematica, le donne furono chiamate a 

                                                                                 sostituirli. La maggior parte di 

                                                                                 esse erano volontarie e nel 

                                                                                 1944 si potevano contare più 

                                                                                 di quattro milioni di donne al 

                                                                                 di sopra dei 15 anni impiegate 

                                                                                 come operaie in importanti 

                                                                                 settori industriali producendo 

                                                                                 munizioni, farmaci, tessuti e 

                                                                                 meccanica per aerei. In quella difficile situazione anche le donne sposate furono fortemente incoraggiate a lavorare. 

Anche se in proporzione il numero di donne giapponesi impiegate nell’industria non è paragonabile a quello, ad esempio, di quelle americane, bisogna ricordare che il loro contributo per la storia del proprio Paese fu fondamentale, specialmente se pensiamo alle condizioni in cui lavoravano (rumore, turni spossanti, contatto con sostanze tossiche), al cibo scarso e ai salari molto più bassi rispetto a quelli degli uomini.





CINA 

La Cina fu invasa dal Giappone nel 1937 e 

l’occupazione durò fino al 1945. Le donne 

cinesi si trovarono coinvolte in diversi sforzi 

e azioni per aiutare il loro Paese a resistere 

ai soprusi degli invasori. Nelle aree gestite 

dai comunisti cinesi, in particolare nel nord 

della Cina, le truppe giapponesi usarono 

metodi di particolarmente brutali per 

reprimere e controllare le popolazioni civili. 

Il più noto dei numerosi attacchi contro 

donne civili cinesi avvenne nella città di Nanchino alla fine di dicembre 1937, quando decine di migliaia di donne furono barbaramente violentate e uccise. 

Il Partito Comunista Cinese cercò di mobilitare attivamente reclutando soprattutto contadine nelle aree rurali delle province interne della Cina. Gruppi di volontarie si unirono all'esercito e combatterono sul fronte, spesso in unità miste con gli uomini, con grande coraggio e abilità contro le forze giapponesi.












Le donne cinesi svolsero un importante ruolo anche nel lavoro civile, nelle fabbriche, nelle miniere e nelle industrie in cui si producevano munizioni e altri beni per l'esercito. Diverse altre mansioni le videro occupate come infermiere e medici nella cura di feriti e malati in ospedali di emergenza e centri di assistenza medica. L’impegno delle donne si produsse inoltre nell’attività di spionaggio e di sabotaggio, raccogliendo informazioni sui movimenti delle truppe giapponesi e sabotando le loro operazioni militari.

In generale esse dimostrarono una grande determinazione e un forte senso di patriottismo durante la Seconda guerra mondiale, affrontando enormi difficoltà e pagando con la vita per la difesa del proprio Paese e per il riscatto del proprio popolo dopo la lunga e dolorosa occupazione giapponese. Decine di migliaia di donne cinesi – insieme ad altrettante donne di paesi occupati dal Giappone, come Corea, Vietnam e Thailandia – furono usate dall’esercito giapponese come “donne di conforto”, costrette cioè a prostituirsi contro la propria volontà per diversi anni, vedendo riconosciuto questo profondo oltraggio soltanto molto tempo dopo. Allo stesso modo, le loro imprese sono state spesso trascurate o ignorate nella storia ufficiale, sia in Cina che altrove, e solo di recente sono stati fatti sforzi per riconoscerne il valore.



INDIA 

A partire dall’aprile del 1942 sui quotidiani 

indiani venne ufficializzata la partecipazione 

diretta delle donne alla guerra, quindi non 

più soltanto come aiuto medico e 

infermieristico. Mentre inizialmente 

le attività svolte dalle donne, nel 

contesto bellico, consistevano nel 

sostituire gli uomini in mansioni 

d’ufficio, da quel momento ci fu 

la possibilità di arruolarsi nell’esercito 

come ausiliarie. In un secondo momento 

queste possibilità si allargarono anche alla marina militare e all’aeronautica militare. Considerando il complesso quadro etnico dell’India, è importante ricordare che parteciparono al conflitto donne anglo-indiane, indiane non cristiane ed europee. Per tutte si rendeva obbligatoria la conoscenza della lingua inglese.

                                                                              Alla fine della guerra, si venne 

                                                                              a contare un numero di 11.500 

                                                                              donne indiane arruolate come 

                                                                              ausiliarie. Per la maggior 

                                                                              parte di esse questa occasione 

                                                                              rappresentò una maniera 

                                                                              concreta per uscire da 

                                                                              condizioni di enorme disparità 

                                                                              sociale rispetto agli uomini, a 

                                                                              causa della forte impronta patriarcale della società nell’India di quel tempo. Fino a quel momento, infatti, non era pensabile per le donne occupare spazi che erano stati esclusivamente definiti per gli uomini e per questo che, nel particolare contesto indiano, esse si posero come protagoniste della rottura di certe barriere millenarie e, nello stesso tempo, come eroine che ebbero il coraggio di lasciare il proprio spazio domestico per partecipare, con grande coraggio, all’immane sforzo bellico.

Un altro fondamentale contributo fu quello di coloro che, dietro le linee, si offrirono come operaie metalmeccaniche e nella produzione di armi, ma anche come dattilografe, centraliniste, autiste e addette al rifornimento alimentare. 



STATI UNITI

Prima della Seconda guerra mondiale 

negli Stati Uniti troviamo soprattutto 

donne casalinghe, segretarie o commesse. 

Con l’entrata in guerra e la conseguente 

partenza per il fronte di un elevato numero 

di uomini, il governo si adoperò in un processo 

di propaganda (manifesti, riviste, annunci radio) 

per invogliare le donne a occupare i posti di lavoro 

lasciati vuoti dagli uomini. Una delle icone più note 

create a tale proposito fu quella di Rosie the Riveter,

una figura di operaia affascinante e sicura di sé che invitava madri, mogli 

                                                e ragazze a seguirla al motto "We Can Do It!" 

                                            (possiamo farlo). Altre donne fornirono il proprio 

                                                   apporto cimentandosi in lavori che 

                                                 richiedevano sforzo e prestanza fisica come 

                                               muratore, taglialegna, tassista o camionista. 

                                              Nonostante fosse motivo di orgoglio prestare 

                                                  servizio per la propria nazione in un periodo 

                                            così difficile, quasi per tutte loro le condizioni di  

                                            lavoro erano pesantissime e i salari molto bassi, cui si aggiungeva spesso il disprezzo da parte degli uomini che non le ritenevano all’altezza.

Altri impieghi in questi anni videro circa 350.000 donne rivestire ruoli anche in ambito militare, specialmente in compiti di ufficio, come traduttrici per decriptare messaggi all’interno dei conflitti navali e come infermiere la cui vita era costantemente minacciata dal fuoco aereo.







Lo svolgimento di tali mansioni consentì alle donne americane di acquisire maggiore indipendenza e autosufficienza e, malgrado la maggior parte di esse sia tornata al ruolo che occupava precedentemente al periodo della guerra, negli Stati Uniti si cominciò a guardare alla parità di genere con occhio diverso.

Questi tipi di lavoro per le donne era temporanei, e lo dovevano lasciare subito dopo la fine della guerra. Questa occasione ha permesso alle donne di lottare per gli stessi diritti degli uomini, sul posto di lavoro e oltre.



UNIONE SOVIETICA

Le donne hanno svolto un ruolo significativo 

nella Seconda guerra mondiale in Unione Sovietica, 

sia come soldati direttamente nelle azioni militari 

che come lavoratrici civili. Durante questi 

anni il 30% della forza lavoro del Paese era 

occupato da donne sovietiche, impiegate 

come operaie nelle fabbriche di munizioni 

e attrezzature meccaniche per l’esercito, 

autiste, piloti, infermiere, partigiane e, in 

alcuni casi, come combattenti attive sul 

fronte.

La partecipazione femminile all’interno del contesto della guerra aveva avuto inizio a partire dall'invasione tedesca nel 1941. Molte donne si unirono all'esercito come volontarie, formando unità di fanteria, cavalleria e artiglieria. 













A causa delle numerose e pressanti richieste di donne disposte ad arruolarsi, Stalin costituì tre reggimenti aeronautici femminili. In particolare, il 588º Reggimento bombardamento notturno le cui aviatrici furono soprannominate dai nemici tedeschi Streghe della notte per il terrore seminato nelle proprie linee, si distinse come uno dei reparti di combattimento più temibili e noti dell'Armata Rossa. 

Le donne sovietiche furono anche impegnate nell'aiuto ai soldati 

feriti e malati come infermiere e paramedici. 

Nel complesso, il loro apporto, dimostrato da notevole determinazione, coraggio e resistenza, soprattutto nelle circostanze estremamente difficili e pericolose del conflitto, fu indispensabile affinché l'Unione Sovietica uscisse vincitrice dalla Seconda guerra mondiale. Questo imprescindibile contributo è stato ampiamente riconosciuto dal governo sovietico e dalla società, e molte donne sono state decorate con onorificenze per il loro servizio militare e civile.





martedì 11 marzo 2025

 Il bombardamento di Foggia del 22 luglio 1943 nel racconto di Luciano Bianciardi

Dopo il rancio ci venne l’ordine di spostare un plotone in città, e per l’appunto toccò al mio, che era il quinto plotone.

[…] Erano trascorse almeno quattro ore dal bombardamento, ma la gente non era ancora uscita dai rifugi e dalle case, le strade erano vuote e silenziose, e sul lastricato risuonavano i nostri passi. Verso la stazione invece c’era altra musica, perché certi vagoni carichi di carburante e di munizioni avevano preso fuoco e saltavano per aria, sì che a tratti volavano in giro frammenti di ghisa grossi come pipistrelli, e crepitavano fitte le cartucce, come se un branco di mitragliatrici impazzite sparasse in tutte le direzioni. […] Non ho mai visto, nemmeno al cinema, una città bombardata così vera come era vera Foggia quel giorno; ed in effetti non credo che sia possibile riprodurre artificialmente un simile scenario: gli alberi erano tutti mozzati alla stessa altezza, ed anche i lampioni ed i pali dell’elettricità, tagliati netti ad un metro da terra e poi le case sventrate, le macerie sparse per terra, dappertutto, in un disordine così completo che poteva sembrare fatto apposta.

[…] E poi, in mezzo a tutto, i morti. Dal mio plotone infatti prelevarono una squadra di dieci uomini, scelti a caso: non scelsero me, ma chiesi di andare in soprannumero, per stare insieme a Mucciarelli, che era dei dieci.

Oltre a noi salì sul camion un maggiore di artiglieria ed un prete, un pretino timido ed inutile, che infatti non fece nulla. E che poteva fare? Gli prese la paura, e poi la sete (era il 22 luglio, a Foggia) e mi finì l’acqua della borraccia. Ogni tanto si provava a benedire qualcosa, ma poi smise, perché non c’era niente da benedire. Il primo che vidi doveva essere un ragazzo, sedici-diciassette anni: probabilmente fu ucciso mentre fuggiva su di un carretto perché sopra di lui, sventrato, c’era un cavallo. Mucciarelli lo prese per le braccia, ma non riuscì a sfilarlo di là sotto; lo lasciò andare, ma intanto la pelle cotta del cadavere gli rimase attaccata al palmo delle mani. I morti per bombardamento non hanno nemmeno il colore dei morti veri: diventano gialli e rossicci, proprio il colore della porchetta. Quando sono interi, sono così, ma lì di persone intere ce n’erano poche: spesso anzi restava solo un grosso gomitolo di stracci, carne, sangue e capelli.

[…] Avevamo scardinato la persiana di una finestra, e su quella cercavamo di spingere i cadaveri, con una pala, per poi adoperare la persiana a mo’ di barella. Io, appunto, ero quello della pala: quando vidi gli intestini impastati con l’asfalto che non si spiccicavano, allora mi sentii male e soprattutto ebbi un moto di disprezzo verso me stesso, per quella retorica lettera della mattina, per aver creduto che la morte fosse una cosa da scriverci sopra le poesie. «La solitudine delle sue mani penetrata nel mio silenzio». Trovammo un corpo di vecchio, con sopra una mano di bambino, recisa al polso. Di chi era quella mano? Più avanti, sul marciapiede, c’erano tre bambini di quattro, sette, dieci anni, distesi l’uno accanto all’altro. Sollevando la coperta che avevano addosso si vide che l’esplosione li aveva falciati al ventre. Ed accanto a loro c’era un uomo che piangeva. Gli altri presero i bambini, uno per uno, per le gambe e per le braccia, e cominciarono a buttarli sul cassone, dove già il mucchio cresceva. Ed il povero padre venne a piangere da me, a raccomandarsi che non gli prendessimo i suoi bambini, o che almeno portassimo via anche lui. Io che dovevo fare? Raccogliemmo in tutto diciassette cadaveri, e li portammo al cimitero, su di un mucchio già grande che altre squadre avevano formato. Erano centinaia di morti, un mucchio di carne umana macellata e cotta. Il più anziano fra noi, il caporale Bottai, che era un avvocato di Pisa, ordinò «Attenti» e qualcuno si fece il segno della croce. Io no: perché quella non era morte consacrata, era uno scempio osceno del corpo e dell’anima dell’uomo. Accesi una sigaretta e mi sedei sopra una tomba.

[…] A sera si fece una colletta per comprarci un fiasco d ‘alcool noi undici dei morti: ce ne passammo un po’ sulle mani e sulla faccia, poi si andò a dormire. Li ricordo uno per uno, quei miei compagni del 22 luglio a Foggia: Raul Varreschi, per esempio, ora fa il rappresentante di una casa di cosmetici, e gira sopra un’automobile fatta a forma di tubetto di dentifricio col tappo al posto del fanale. Potrebbe sembrare un ragazzo allegro, e forse lo è. Ma nemmeno lui si è dimenticato dei morti di Foggia. E lui, come me e come gli altri, non vogliamo che ci siano più le guerre, perché la morte non deve più venire così sozza e schifosa come quel giorno di Foggia.


Utilizzando le 5W del giornalismo (who? what? where? when? why?) descrivi in un breve testo il contenuto della fonte riportata sopra. A questo unisci le tue riflessioni personali a partire da alcune parole-chiave o frasi-chiave che ti hanno particolarmente colpito.

________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________




verifica verbi