lunedì 18 marzo 2024

 

 

 

9.5 GUERRE DI INDIPENDENZA ISPANO-AMERICANE

 

9.5.1 Una serie di circostanze portano alla disfatta spagnola

Il desiderio delle province sudamericane di distaccarsi dalla madrepatria spagnola cominciò a farsi concreto quando Napoleone invase la Spagna ponendo sul trono il fratello Giuseppe Bonaparte.

A partire dalle conquiste in Messico e Perù, i territori sudamericani erano stati per la Spagna un gigantesco bacino di ricchezze e metalli preziosi, con importazioni di merci e l’attuazione di una politica mercantilistica che depotenziasse gli imperi rivali. Ora, però, assediata e in grandi difficoltà, la Spagna si vide costretta a concedere anche a navi neutrali inglesi e francesi la possibilità di attraccare nei porti delle sue colonie.

La situazione si aggravò quando, in America Meridionale, l’insofferenza di gruppi di potere verso l’amministrazione della madrepatria spagnola generò profonde rivendicazioni di autonomia. La borghesia delle colonie, infatti, si sentiva tagliata fuori dalla gestione economica delle risorse che andavano comunque ad arricchire quasi esclusivamente le famiglie spagnole.

A partire dal 1808, nelle principali città latinoamericane, come Caracas e Buenos Aires, si rafforzarono perciò gruppi indipendentisti che assunsero il potere dando vita a ribellioni che destabilizzarono il tessuto sociale. La Spagna, a causa dell’invasione napoleonica, rimaneva impossibilitata ad intervenire massicciamente con le proprie truppe.

 

 

9.5.2 La Spagna perde le colonie anche perché rimane isolata

Negli stessi anni in Europa, l’isolamento a cui Napoleone aveva costretto l’Inghilterra spinse quest’ultima ad allearsi in un primo momento con la Spagna in modo da incrementare il commercio clandestino con le colonie ispanoamericane. Verso i ribelli antispagnoli del Sudamerica, però, malgrado le richieste di aiuto, l’Inghilterra rimase in una posizione di neutralità e, per non rompere i precari equilibri con la Spagna, preferì temporeggiare. Tuttavia anche il non schierarsi con gli alleati spagnoli favorì in qualche modo l’andamento delle vicende legate all’indipendenza delle colonie. Questa politica di non-intervento venne seguita apertamente anche dagli Stati Uniti.

Dopo il Congresso di Vienna (1814-15), tornato sul trono, il re di Spagna guardò alla possibilità di riconquistare le colonie in Sudamerica ricorrendo alle forze della Santa Alleanza (Austria, Prussia e Russia). Ed ecco che, temendo il coinvolgimento di diverse potenze europee che avrebbero dato un esito scontato a favore del re di Spagna, a quel punto l’Inghilterra decise di prendere posizione di opporsi fortemente al progetto interventista.

A questo punto, l’Impero Britannico andò in aiuto degli insorti con uomini e navi attraverso il Brasile, governato dai Portoghesi, tradizionali alleati degli Inglesi. In cambio ricevette enormi vantaggi dal punto di vista commerciale oltre che notevoli privilegi per i sudditi britannici residenti nelle regioni sudamericane.

La guerra scoppiò grazie all’azione in campo di due generali. Il primo era un ex ufficiale creolo delle truppe spagnole, José di San Martín che guidò la rivoluzione da Buenos Aires verso il nord dell’Argentina e poi, dopo una traversata problematica attraverso le Ande, in Cile ed in Perù. Il secondo protagonista, Simón Bolívar, detto il Libertador, partì da nord, precisamente dal Venezuela, e scese verso il Perù per venire in aiuto di San Martín e costringere così gli Spagnoli e gli alleati ispano-americani alla resa finale. Nel 1824, la definitiva vittoria di Ayacucho in Perù fu salutata in tutto il Sudamerica con grandissimo entusiasmo. Bolívar, che come i suoi contemporanei in Nord America e in Europa, era stato molto influenzato dalle idee dell’Illuminismo e dal Contratto Sociale di Rousseau, non vide, però, mai realizzarsi il suo sogno di un’America del Sud unita come un unico popolo con radici e culture comuni. Negli anni che seguirono, infatti diversi conflitti si scatenarono tra le nuove nazioni e la vita delle popolazioni continuò ad essere difficile.

mercoledì 13 marzo 2024

 

10.1 IMPERO DI TONGA

 

10.1.1 Un impero di piccole isole

Le Isole Tonga durante l’epoca del Medioevo europeo, furono la sede di un importante impero che, a causa della natura geografica della regione, non era continentale ma si estendeva su un ampio numero di isole della Polinesia. Il periodo di maggior sviluppo e potere venne raggiunto tra i secoli XIII e XVI, ma l’impero aveva cominciato a fiorire già intorno al 950 d. C., sotto l’influenza culturale dei regni di Fiji e Samoa. Proprio da Samoa ebbero origine i primi sovrani di Tonga che poi resero la loro dinastia ereditaria. Il sovrano aveva oltre alla funzione politica anche quella religiosa e, così come in diverse altre civiltà quali l’antico Egitto, l’Impero Azteco o l’Impero Giapponese, era considerato una sorta di dio.

Attraverso una serie di conflitti con i popoli delle isole vicine guidati dai loro potenti capi, Tonga riuscì a conquistare ampi territori all’interno degli arcipelaghi del Pacifico. La tecnologia dei metalli non era sviluppata, mancando giacimenti di ferro e bronzo, per questo nell’uso delle armi vennero adottate soluzioni alternative come spade di legno cui erano fissati affilati denti di squalo.

 

10.1.2 Potere ed economia legati al mare

Durante la massima espansione la marina di Tonga si avvaleva di canoe a bilanciere tradizionali, alcune delle quali di grandi dimensioni tanto da poter ospitare a bordo fino a 100 uomini. L’efficienza della marina consentì a questo stato di raggiungere un elevato livello di ricchezza derivante dai continui commerci all’interno degli arcipelaghi polinesiani e dai tributi che le popolazioni sottomesse erano costrette a versare all’imperatore.

 

10.2 LA CULTURA DEL MISSISSIPPI

 

10.2.1 Comunità sedentarie del Nord America

Sviluppatasi tra l’800 e il 1500, questa civiltà si insediò lungo il grande fiume Mississippi diventando sedentaria in seguito alla coltivazione del mais. Le valli fertili del fiume diedero la possibilità a queste tribù di costruire numerosi villaggi, ma anche grandi città come Cahokia, nell’odierno Illionis. Cahokia divenne col tempo il maggiore centro urbano, religioso e commerciale della Cultura del Mississippi, poiché oltre all’agricoltura i mississippiani avevano sviluppato, sia via terra che attraverso il fiume, importanti reti per lo scambio di prodotti.

 

10.2.2 I contatti con le comunità del Centro America e la fine

Gli scambi avvenivano sia a ovest con le tribù delle Montagne Rocciose che a nord con la zona dei Grandi Laghi. Connessioni anche culturali vi erano poi con i popoli del Centro America con i quali i mississippiani avevano in comune credenze e riti, compreso quello dei sacrifici umani, legati alla potente entità spirituale del dio del Sole. Lo stesso sovrano si credeva fosse discendente diretto da questa divinità e ne rappresentasse il collegamento terrestre. Sotto di lui, a livello sociale, vi era un sistema di classi molto rigido dove i nobili erano in alto e il popolo rappresentava gli strati più bassi e svantaggiati.

La fine della Cultura del Mississippi, uno dei più grandi insediamenti sedentari di tutto il Nord America, ebbe come cause il contatto con i conquistatori spagnoli nel XVI secolo, ma anche siccità, deforestazione e sfruttamento delle colture di mais a causa dell’aumento di popolazione che causò movimenti migratori in altre aree della regione e spopolamento.

 

mercoledì 6 marzo 2024

Angkor Wat 1 

Angkor Wat 2

 

9.3 IL SUD-EST ASIATICO: L’IMPERO KHMER

 

9.3.1 Il forte legame con la religione

Nell’area dell’attuale Cambogia, del Laos, della Tailandia, insieme ad alcune parti del Vietnam, della Birmania e della Malesia, sorgeva il grande Impero Khmer con una popolazione, all’apice della sua espansione nel XII secolo, di circa un milione di abitanti. Fondato agli inizi dell’800 e influenzato dall’India, questo impero utilizzò molto bene il potere religioso prima con l’induismo, fondendolo con le credenze in divinità autoctone e adottando la lingua sanscrita, e in un secondo momento con il buddismo, stabilendo un forte legame tra autorità di governo e culturali religiosa della popolazione. Il primo sovrano e fondatore dell’impero Khmer nel IX secolo, Jayavarman II, utilizzò il culto induista del dio Shiva connettendolo con quello indigeno del “Signore della montagna” e formalizzandolo su sé stesso (il culto del dio-re) anche attraverso l’uso di statue e simulacri che lo rappresentavano come tale. Da quel momento in poi il sovrano veniva considerato come un’entità divina.

 

9.3.2 L’influenza buddista: i templi di Bayon e Angkor Wat

Il buddismo arrivò, invece, con Jayavarman VII (ca. 1181-1212), quando nella capitale Angkor venne costruito il tempio di Bayon la cui complessa facciata a bassorilievi raffigura divinità buddiste, oltre a scene di campagne militari e vita quotidiana fatta di pescatori, macellai, partite a scacchi e scommesse sui combattimenti di galli. Ancor più grandioso è il tempio denominato Angkor Wat, originariamente concepito come edificio indù e considerato oggi il più grande complesso religioso del mondo, per estensione. Queste poderose costruzioni non erano altro che il centro gerarchico e religioso di una rete di templi diffusa. Attraverso queste grandiose opere pubbliche venivano redistribuite ricchezze materiali e simboli culturali e religiosi su tutto il territorio dell’impero, arrivando ad ogni singolo abitante.

 

9.3.3 Religione come identità collettiva

È stata proprio la religione a costruire nei secoli un’identità collettiva comune in grado di tenere sotto un unico potere e controllo diversi popoli e diverse culture. I templi e i monumenti religiosi erano proprio espressione di questa identità che faceva sentire gli abitanti figlio di uno stesso dio.

Naturalmente, nei numerosi villaggi che si estendevano per tutto il territorio erano comunque i legami famigliari a creare il presupposto per la vita comunitaria e la sopravvivenza. Queste comunità erano sostenute dalla ricchezza economica sviluppatasi attraverso l’agricoltura e il commercio fluviale e marittimo, nonostante quest’ultimo non venne potenziato al punto da mettere in connessione le merci dell’entroterra con i popoli stranieri. L’agricoltura, invece, era sorretta da una rete di canali usati sia per il trasporto che per l'irrigazione e grazie alla quale tutto l’impero Khmer era fisicamente collegato, mentre ampi serbatoi aiutavano a controllare le piogge irregolari dovute al clima monsonico conservando l'acqua piovana dei monsoni per un uso successivo.

 

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